Glossario del Welfare
Fondi paritetici interprofessionali
La L. 388/00, art. 118 (come modificata dalla L. 289/02,
art. 48) prevede la possibilità di creare Fondi Paritetici Interprofessionali per la formazione
continua. I Fondi, che devono essere promossi e costituiti congiuntamente dalle associazioni
di rappresentanza datoriale e dai sindacati dei lavoratori su base settoriale, hanno la
finalità di promuovere lo sviluppo della formazione continua dei lavoratori attraverso il
finanziamento di Piani formativi aziendali, settoriali, territoriali e individuali presentati
dalle imprese aderenti ai Fondi stessi. Possono beneficiare dei Piani formativi finanziati dai
Fondi Interprofessionali i lavoratori delle imprese che aderiscono ai Fondi attraverso le procedure
indicate dalla Circolare Inps n. 71/03 (reperibile sul sito
www.inps.it). I Piani formativi
individuali, aziendali, territoriali o settoriali per la formazione dei lavoratori saranno
finanziati direttamente dai Fondi Interprofessionali, che emetteranno degli Avvisi (o Bandi)
per la raccolta delle proposte progettuali presentate dalle imprese o dagli enti di formazione.
Le proposte saranno valutate da apposite commissioni istituite dai Fondi stessi. Le
imprese che vorranno presentare un Piano formativo per i propri dipendenti dovranno
quindi aderire ad uno dei Fondi ed attendere che vengano emanati dal Fondo stesso indicazioni
per le modalità di presentazione dei progetti di formazione.
Fondi strutturali
I Fondi strutturali sono strumenti finanziari con cui l'Unione europea
sostiene le politiche volte al rafforzamento della coesione economica e sociale, attraverso la
riduzione del divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni. Obiettivi di intervento sono,
in tale ottica, una crescita equilibrata e duratura delle attività economiche, lo sviluppo dell'occupazione
e delle risorse umane, la tutela e il miglioramento dell'ambiente, l'eliminazione
delle ineguaglianze e la promozione della parità tra uomini e donne. Il primo ad essere
istituito è stato il Fondo sociale europeo (FSE), in occasione del Trattato della Comunità
Europea del 1957. In seguito, sono stati attivati altri tre Fondi: il Fondo europeo di sviluppo
regionale (FESR), il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG) e lo Strumento
finanziario di orientamento della pesca (SFOP). I Fondi strutturali perseguono tre
Obiettivi prioritari: Obiettivo 1: promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale delle
regioni che presentano ritardi nello sviluppo; Obiettivo 2: favorire la riconversione economica
e sociale delle zone con difficoltà strutturali; Obiettivo 3: favorire l'adeguamento e
l'ammodernamento delle politiche e dei sistemi di istruzione, formazione e occupazione. La
programmazione dei fondi strutturali per il periodo di programmazione 2000-2006 è articolata
in Italia come segue: nelle Regioni dell'Obiettivo 1 (Regioni del Mezzogiorno) sono stati avviati
Programmi Operativi Regionali e 7 Programmi Operativi Nazionali, a titolarità
di diverse Amministrazioni Centrali dello Stato; nelle Regioni dell'Obiettivo 3 (Regioni del
Centro-nord) sono stati avviati 14 Programmi Operativi Regionali ed il Programma Operativo
Nazionale "Azioni di Sistema", a titolarità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
nelle aree dell'Obiettivo 2 (ricomprese nelle Regioni del Centro-nord) sono stati realizzati
Documenti Unici di Programmazione (Docup).
Fondo nazionale per le politiche migratorie
Il Fondo nazionale politiche migratorie è stato
istituito dal Testo unico sull'immigrazione (art. 45 D. lgs. 286/98 e successive modificazioni
e integrazioni) per finanziare le misure di integrazione sociale a favore degli immigrati.
Nel 2002 il Fondo è confluito nel Fondo nazionale per le politiche sociali, istituito dalla
legge di riforma dell'assistenza (L. 328/00) ed è la principale fonte nazionale di finanziamento
per gli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie, ivi inclusi gli immigrati.
Con la quota di propria spettanza del Fondo per le politiche migratorie, la Direzione Generale
dell'immigrazione del Ministero ha cofinanziato iniziative sperimentali e progetti pilota
in un'ottica tendente a individuare "buone pratiche" e a promuovere la diffusione e la
realizzazione di politiche di integrazione, soprattutto a livello locale. In questo contesto si
collocano alcuni dei più importanti progetti realizzati, in particolare gli Accordi di Programma.
Attualmente il finanziamento di iniziative sperimentali e progetti pilota proviene
dalla quota del Fondo nazionale per le politiche sociali destinato all'amministrazione
statale. In questo contesto si collocano alcuni tra i principali progetti in corso di realizzazione:
il mediatore culturale, l'accesso al credito e ai servizi bancari da parte degli immigrati,
lo studio sull'imprenditoria immigrata, l'analisi delle problematiche legate alle politiche
abitative per gli stranieri.
Fondo nazionale per le politiche sociali
Il Fondo nazionale per le politiche sociali è la principale
fonte nazionale di finanziamento per gli interventi di assistenza alle persone e alle
famiglie. Istituito dalla legge di riforma dell'assistenza (L. 328/00), il Fondo viene ripartito
annualmente tra lo Stato e le Regioni. A partire dal 2003, a seguito della riforma del capitolo
V della Costituzione, questa ripartizione avviene senza vincolo di destinazione. Il
Fondo si compone di stanziamenti che finanziano leggi a supporto di diritti soggettivi -
come gli assegni di maternità e i congedi parentali - e di risorse trasferite direttamente alle
Regioni che, a loro volta, le assegnano ad enti locali e a partner privati per finanziare i servizi
previsti nei rispettivi piani sociali regionali. Lo Stato individua i livelli essenziali delle
prestazioni e ripartisce tra le Regioni le risorse del Fondo sociale nazionale. Le Regioni,
quindi, esercitano le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi
sociali, la cui regia è, infine, affidata ai Comuni.
Fondo per l'occupazione
Istituito nel 1993, vi confluiscono risorse finanziarie volte a sostenere
interventi a sostegno dell'occupazione o a tutela del reddito per i lavoratori beneficiari
di ammortizzatori sociali.
Fondo per lo sviluppo
Il Fondo per lo sviluppo è stato istituito dall'art.1 ter del D.L.
n.148/93, convertito con legge 236/93, al fine di favorire la realizzazione di programmi di
reindustrializzazione, di interventi per la creazione di nuove iniziative produttive e di
riconversione dell'apparato produttivo esistente. I criteri e le modalità di utilizzo del
Fondo sono stati stabiliti dal DPCM n.773/94, che ha regolamentato gli interventi ammissibili
ed i soggetti abilitati alla presentazione dei programmi di sviluppo. Tre sono i tipi di
programmi finanziabili con il Fondo per lo sviluppo: interventi per la realizzazione di
nuove iniziative, interventi di promozione e sostegno di iniziative industriali, interventi
volti alla promozione dell'efficienza complessiva dell'area di intervento. Con D.L. n. 35/05,
art. 13, comma 4 (in fase di conversione), è stato previsto il rifinanziamento del Fondo per
lo sviluppo subordinatamente all'emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali concernente le modalità di utilizzazione.
Fondo Sociale Europeo
Previsto dal Trattato di Roma ed operativo dal 1962, il Fondo Sociale
Europeo (FSE) è uno dei quattro Fondi strutturali dell'Unione europea finalizzati a promuovere
uno sviluppo armonioso dell'insieme della Comunità e una progressiva riduzione
delle disparità esistenti tra i cittadini e le regioni dell'Unione. Più specificamente, il FSE rappresenta
lo strumento finanziario dell'Unione volto a sostenere la Strategia europea per
l'occupazione, per prevenire e combattere la disoccupazione ed investire nelle risorse
umane, promuovendo un alto livello di occupazione e di integrazione sociale, la parità tra
uomini e donne e la coesione economica e sociale. Il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali è l'Autorità capofila del FSE in Italia. Ciò significa che coordina le attività svolte dalle
Regioni e dagli altri Ministeri, oltre a gestire direttamente Azioni di Sistema nell'ambito di
Programmi Operativi Nazionali. Nell'ambito della programmazione 2000-2006 il FSE mette
a disposizione circa 60 miliardi di euro, di cui circa 3,8 miliardi riservati all'Italia. Tali risorse
sono gestite dalle Amministrazioni nazionali e regionali italiane, attraverso la programmazione
di interventi specificamente adattati al contesto nazionale e regionale.
Formazione Continua
La formazione continua si rivolge a persone occupate e disoccupate,
al fine di adeguare e sviluppare le loro conoscenze e competenze professionali, in relazione
ai mutamenti del mondo del lavoro. Il sistema di formazione continua è articolato in tre
linee di intervento principali:
- Il sistema di formazione continua regolato dalla L. 236/93, che prevede che il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, le Regioni e le Province autonome possano finanziare
attività destinate a:
- tutti i lavoratori delle imprese private con meno di 15 dipendenti;
- lavoratori inseriti nelle tipologie contrattuali previste dal D. Lgs. n. 276/2003;
- lavoratori di qualsiasi impresa privata collocati in cassa integrazione guadagni ordinaria
e straordinaria;
- le persone iscritte nelle liste di mobilità;
- lavoratori di qualsiasi impresa privata con età superiore ai 45 anni;
- lavoratori di qualsiasi impresa privata in possesso del solo titolo di licenza elementare
o di istruzione obbligatoria;
- i lavoratori in stato di disoccupazione a seguito di ristrutturazione aziendale nonché
in aree e settori di crisi supportate da accordi tra le parti sociali per i quali l'attività
formativa è propedeutica all'assunzione;
-
Azioni di sistema e interventi formativi rivolti agli occupati, cofinanziati dal Fondo Sociale
Europeo;
- I Fondi paritetici interprofessionali previsti dall'art. 118 della L. 388/00 (come modificato
dall'art. 48 della L. 289/02) e costituiti attraverso accordi interconfederali, stipulati tra le
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative
sul piano nazionale, allo scopo di favorire lo sviluppo della formazione professionale
continua.
Formazione permanente
La politica europea di promozione della formazione permanente
(o lifelong learning) si basa sul riconoscimento del diritto di tutti i cittadini di ogni età,
ceto sociale o condizione professionale, di formarsi, apprendere e crescere, sia umanamente
che professionalmente, per l'intero arco della vita. La formazione permanente,
infatti, non è intesa solo come apprendimento a fini occupazionali, ma anche personali,
civici e sociali, collegandosi ad altri obiettivi fondamentali, quali quelli dell'occupabilità,
dell'adattabilità e della cittadinanza attiva. Nell'attuazione delle linee guida tracciate a
livello europeo, anche l'Italia si sta muovendo verso la creazione di un sistema di formazione
permanente e, in particolare, verso il rafforzamento del sistema di offerta formativa
rivolta alla popolazione adulta. A questo obiettivo rispondono, per esempio, gli interventi
rivolti a favorire la crescita della formazione continua dei lavoratori, la disciplina dei percorsi
di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore e le iniziative in materia di Educazione
permanente degli adulti, di tipo formale e non formale. Uno strumento molto efficace di
formazione permanente è rappresentato dai dispositivi per la formazione a domanda individuale
(vouchers).
Formazione professionale
La formazione professionale sta assumendo sempre più una
importanza strategica nel mondo produttivo. Essa viene incontro, da una parte, ai fabbisogni
formativi espressi dalle aziende e, dall'altra, alle esigenze dei giovani di acquisire
competenze e dei lavoratori di mantenersi aggiornati ai continui cambiamenti del mercato.
Il Fondo Sociale Europeo cofinanzia, insieme a Regioni e Province, corsi di formazione
organizzati da Centri di formazione professionale pubblici, da enti privati convenzionati
e da imprese. I corsi vengono organizzati a tutti i livelli: post-scuola dell'obbligo, postdiploma
e diploma universitario, post-laurea (corsi e master). Tali corsi, in prevalenza gratuiti
per i partecipanti, consentono di acquisire competenze e qualifiche richieste dal mercato
del lavoro. Non solo: la formazione professionale può essere una risorsa decisiva
anche per migliorare la propria posizione professionale. Il Fondo Sociale Europeo incentiva
anche la formazione continua intesa come adeguamento dei lavoratori - in particolare
quelli minacciati dalla disoccupazione, in cassa integrazione o in mobilità - alle trasformazioni
industriali e all'evoluzione dei sistemi produttivi. La formazione continua si svolge in
azienda o presso enti di formazione.
Giusta causa e giustificato motivo di licenziamento
Per giusta causa di licenziamento si
intende un evento che non consenta la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto:
alcune ipotesi concrete di giusta causa sono indicate dai contratti collettivi e dalla giurisprudenza
(per esempio la ripetuta disobbedienza, la violazione dell'obbligo di fedeltà, il danneggiamento
volontario di macchinari ecc.). Nel caso di licenziamento per giusta causa
non è necessario il rispetto del termine di preavviso. Il giustificato motivo può essere soggettivo
se è determinato da un "notevole inadempimento degli obblighi contrattuali" (per
esempio nel caso di plurime assenze ingiustificate o scarso rendimento del lavoratore) e
oggettivo se è determinato da "ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione
del lavoro e al regolare funzionamento di essa" (per esempio l'ipotesi di riduzione dell'attività
esercitata).
ICF
ICF È la sigla della nuova Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità
e della Salute, varata nel 2001 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. La classificazione
ICF valorizza le capacità personali delle persone con disabilità, ne valuta le performance
e le abilità e misura l'impatto dell'ambiente nel quale queste persone vivono. In
particolare, nel settore delle politiche del lavoro, l'approccio globale di valutazione dell'ambiente
e delle abilità e potenzialità della persona garantisce l'identità di ciascuno
rispetto al lavoro. Con il progetto "ICF in Italia" il Ministero promuove l'uso della nuova
classificazione nell'ambito delle proprie competenze istituzionali. La prima azione di rilievo
è rappresentata dal progetto "ICF e Politiche del lavoro", che ha l'obiettivo di migliorare
le condizioni di inserimento lavorativo mediante la diffusione di un metodo di valutazione
della disabilità più attento e mirato all'individuazione delle capacità personali,
anche in relazione alle diverse condizioni sociali ed ambientali.
Interpello (diritto di)
Una recente e importante innovazione nel campo dell'applicazione e
della conoscenza del diritto del lavoro è costituita dall'introduzione del diritto di interpello.
Previsto dall'art. 9 del D.L.gs n.124/04, il diritto d'interpello è riservato ad enti pubblici,
associazioni di categoria ed ordini professionali. Ciò vuol dire che l'interpello si esplica
esclusivamente su attivazione dei soggetti collettivi o rappresentativi individuati dalla
legge, i quali rivolgono al Ministero, per via telematica, tramite le Direzioni Provinciali del
lavoro e gli istituti previdenziali in sede provinciale, quesiti che si distinguono per l'attualità
delle problematiche. Deve trattarsi cioè di questioni sulle quali non è ancora pervenuto
un chiarimento od una presa di posizione ufficiale da parte dell'Amministrazione. Il
comportamento adesivo alla risposta data all'interpello viene valutato ai fini della sussistenza
dell'elemento soggettivo (dolo o colpa) nella commissione degli illeciti amministrativi.
Le soluzioni date ai quesiti verranno via via pubblicate sul sito del Ministero. L'applicazione
dell'istituto dell'interpello permette di raggiungere l'obiettivo di una informazione
giuridicamente non controversa.
ISE e ISEE
Sono parametri per conoscere la situazione economica di coloro che richiedono
sostegni economici, prestazioni assistenziali o servizi di pubblica utilità concessi da Enti o
Istituzioni (ospedali pubblici, ASL, scuole, università ecc.) L'Indicatore della Situazione Economica
(ISE) è un calcolo costituito dalla somma del reddito e dal 20% del patrimonio del
nucleo familiare. Alcuni sostegni economici - come gli assegni di maternità - sono concessi
in base alla composizione del nucleo familiare e ad un ISE che non superi una determinata
fascia reddituale, stabilita di anno in anno per legge. Per richiedere una prestazione
sociale a tariffa agevolata, invece, si deve conoscere il valore ISEE, Indicatore della Situazione
Economica Equivalente. L'ISEE si ricava dividendo il valore dell'ISE per un indice ricavato
dalla scala di equivalenza, secondo il numero dei componenti del nucleo familiare e
secondo la tipologia del nucleo (con inabili, un solo genitore, ecc). La gestione della banca
dati relativa al calcolo di tali parametri è affidata all'Inps che acquisisce le notizie di base
per il rilascio della certificazione, che ha validità annuale.
Job sharing
(vai a Lavoro ripartito)
Label Europeo
L'iniziativa Label Europeo, coordinata a livello europeo dalla Direzione
Generale Istruzione e Cultura - Unità Politiche per le Lingue e a livello nazionale dal Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, rientra tra le azioni attivate dalla Commissione
europea per la promozione e lo sviluppo dell'insegnamento e dell'apprendimento delle
lingue. Il Label Europeo è un riconoscimento attribuito a quei progetti che si sono distinti,
nel campo della formazione linguistica, per il loro carattere innovativo, per la loro dimensione
europea e per la loro capacità di trasferibilità, secondo requisiti specifici concordati
in sede europea. Gli obiettivi principali dell'iniziativa sono: incoraggiare iniziative nuove
nel campo dell'insegnamento e apprendimento delle lingue; promuovere, nel campo, progetti
innovativi trasferibili a contesti differenziati; estendere a tutti i cittadini i vantaggi
della formazione linguistica per tutta la vita; migliorare l'insegnamento delle lingue attraverso
la creazione di ambienti più favorevoli all'apprendimento; informare insegnanti, studenti
e mondo del lavoro su tali esperienze, per la diffusione di nuove metodologie e
nuove idee.
Lavori socialmente utili
Sono lavori socialmente utili tutte le attività che hanno per oggetto
la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, mediante l'utilizzo
di lavoratori in mobilità o in cassa integrazione guadagni straordinaria o in disoccupazione
speciale, oppure mediante il coinvolgimento in progetti di lavori socialmente utili di
soggetti in cerca di prima occupazione o disoccupati. Rientrano nella competenza del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali i lavoratori socialmente utili appartenenti al cosiddetto
"bacino nazionale", cioè quei soggetti che abbiano effettivamente maturato 12 mesi
di permanenza nelle attività socialmente utili negli anni 1998-1999 e non ancora fuoriusciti
dal bacino. Le politiche attive del lavoro indirizzate ai lavoratori socialmente utili sono
di competenza regionale. Le Regioni agiscono sulla base di convenzioni con il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali. La legge prevede una serie di incentivi per favorire l'assunzione
dei lavoratori socialmente utili e l'avvio di attività autonome o la costituzione in
cooperative dei lavoratori stessi. Le Regioni possono erogare incentivi per la stabilizzazione
degli stessi, in aggiunta a quelli finanziati dallo Stato.
Lavoro a progetto
Il contratto di lavoro a progetto è un contratto di collaborazione coordinata
e continuativa caratterizzato dal fatto di essere riconducibile a uno o più progetti
specifici o programmi di lavoro o fasi di esso; essere gestito autonomamente dal collaboratore
in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l'organizzazione del
committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività lavorativa.
La disciplina prevista in materia di lavoro a progetto è finalizzata a prevenire l'utilizzo improprio delle
collaborazioni coordinate e continuative e a tutelare maggiormente
il lavoratore.
Lavoro a tempo parziale
(vai a Part time)
Lavoro minorile
La legge fissa l'età minima per l'ammissione al lavoro del minore che ha
concluso il periodo di istruzione obbligatoria o comunque ha compiuto i 15 anni di età (L.
n. 977/67 "Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti", come modificata dal D.lgs.
n. 345/99 e dal D.lgs. n. 262/00). Sono esclusi dall'ambito di applicazione della legge gli
adolescenti addetti a lavori di breve durata ed occasionali, come ad esempio i servizi
domestici prestati in ambito familiare, le prestazioni di lavoro non nocivo, né pregiudizievole,
né pericoloso e nelle imprese a conduzione familiare. È comunque lecito l'impiego
dei minori, anche se di età inferiore ai 15 anni, in attività lavorative di carattere culturale,
artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché non siano pregiudicati
la sicurezza, l'integrità psicofisica e lo sviluppo del minore, la frequenza scolastica
o la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale. Il
minore viene sottoposto a visita medica preventiva e periodica in modo da accertare all'inizio
e nel corso del rapporto di lavoro la sua specifica idoneità alle mansioni cui sarà adibito.
La stessa legge regola gli orari di lavoro per i minorenni, vietando per essi il lavoro
notturno ed una serie di lavori che sono indicati nell'allegato I, aggiunto alla L. n. 977/67
dall'art. 15 del D.lgs. n. 345/99. Possono comunque essere adibiti a tali tipi di lavori per
motivi didattici o di formazione professionale, sotto la sorveglianza di formatori competenti
anche in materia di prevenzione e protezione, solo i minori adolescenti (15-18 anni).
Lavoro occasionale accessorio
Le prestazioni di lavoro accessorio sono attività lavorative di
natura occasionale svolte da soggetti a rischio di esclusione sociale o, comunque, non
ancora entrati nel mercato del lavoro o in procinto di uscirne. Il contratto di lavoro occasionale
accessorio ha due finalità: far emergere il sommerso che caratterizza alcune prestazioni
lavorative, tutelando maggiormente lavoratori che altrimenti opererebbero senza
protezione; favorire l'inserimento lavorativo di fasce deboli del mercato del lavoro,
aumentando le possibilità di lavoro presso le famiglie e gli enti senza fine di lucro.
Lavoro ripartito
Il lavoro ripartito (chiamato anche job sharing) è un rapporto di lavoro
speciale, mediante il quale due lavoratori assumono in solido l'adempimento di un'unica e
identica obbligazione lavorativa. La solidarietà riguarda le modalità temporali di esecuzione
della prestazione, nel senso che i lavoratori possono gestire autonomamente e discrezionalmente
la ripartizione dell'attività lavorativa ed effettuare sostituzioni fra loro.
Entrambi sono direttamente e personalmente responsabili dell'adempimento dell'obbligazione.
Questa forma contrattuale ha l'obiettivo di conciliare i tempi di lavoro e di vita,
attraverso nuove opportunità di bilanciamento tra le esigenze di flessibilità delle imprese
e le esigenze dei lavoratori.
Lavoro subordinato
Si tratta del lavoro di "chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare
nell'impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione
dell'imprenditore" (art. 2094 c.c.). Per distinguere il rapporto di lavoro
subordinato da quello autonomo la giurisprudenza ha individuato alcuni criteri, il principale
dei quali è il vincolo di soggezione al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del
datore di lavoro. Ci sono poi dei criteri sussidiari ritenuti idonei ad accertare in via presuntiva
gli elementi essenziali della subordinazione. Tra questi occorre ricordare il rischio d'impresa
che grava sul datore di lavoro, la forma della retribuzione, l'orario di lavoro prestabilito,
la continuità temporale della prestazione.
Lavoro temporaneo (interinale)
Il rapporto di lavoro interinale, introdotto con la legge
196/97, prevede la presenza di tre soggetti: lavoratore, agenzia di lavoro temporaneo e
impresa che ha bisogno di personale. Il lavoratore è utilizzato direttamente dall'impresa
utilizzatrice sebbene sia assunto e retribuito dall'agenzia di lavoro temporaneo. L'azienda
utilizzatrice paga all'agenzia l'ammontare del costo del lavoro sostenuto dall'agenzia più
il servizio di fornitura della manodopera. Il lavoro temporaneo o interinale è previsto per
sostituzione di lavoratori assenti, utilizzo di professionalità estranee ai normali assetti
aziendali e nei casi definiti dai contratti collettivi nazionali di categoria. Il D.Lgs n.276/2003
ha abrogato gli articoli della legge n. 196/97 relativi al lavoro interinale e ha introdotto il
contratto di somministrazione. I contratti di lavoro interinale stipulati prima del 24 ottobre
2003 resteranno in vigore fino alla loro scadenza.
Licenziamento collettivo
Il licenziamento collettivo si verifica quando un imprenditore che
occupi più di quindici dipendenti ne licenzia più di cinque, nell'arco di 120 giorni, in ciascuna
unità produttiva o in più unità nell'ambito della stessa provincia, a causa di trasformazione
di attività o di riduzione lavoro.
Licenziamento individuale
Atto con cui il datore di lavoro recede dal contratto di lavoro.
Per tutelare il lavoratore e garantire la stabilità del posto di lavoro la legge stabilisce che
il licenziamento è legittimo solo se motivato da una giusta causa o da un giustificato motivo.
Il licenziamento deve essere intimato in forma scritta e il lavoratore può chiedere che
vengano specificati i motivi. Nel caso in cui il licenziamento sia intimato per motivi riconducibili
al comportamento del lavoratore deve anche essere osservata una procedura che
garantisce al lavoratore di prestare le sue eventuali giustificazioni. Solo in alcuni limitati e
tassativi casi è possibile che il datore di lavoro receda liberamente. Il licenziamento non
richiede giustificazioni nel caso in cui riguardi dirigenti, lavoratori assunti in prova, addetti
ai lavori domestici, ultrasessantenni in possesso dei requisiti pensionistici. Talvolta il licenziamento
è del tutto vietato o i suoi effetti sono sospesi, per esempio durante la gravidanza,
nel primo caso, o durante la malattia, nel secondo.
Lifelong Learning
(vai a
Formazione permanente)
Livelli essenziali delle prestazioni (LEP)
La definizione dei livelli essenziali delle prestazioni
rappresenta il principale strumento di governo delle politiche sociali nazionali. Il Titolo V
della Costituzione stabilisce una esclusiva competenza delle Regioni in materia di assistenza,
mantenendo in capo allo Stato una funzione strategica per il sistema di welfare nazionale:
l'individuazione dei livelli essenziali e uniformi delle prestazioni che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale. I livelli essenziali delle prestazioni sono, quindi, il
contenuto concreto di una prestazione, determinato attraverso un indicatore che ne misura
la soglia essenziale. I LEP consentono, a fronte di un sistema di protezione sociale fortemente
differenziato sul territorio e che presenta marcati elementi di sperequazione territoriale
(specie in termini di quantità e qualità delle prestazioni erogate), uno strumento
di garanzia per il diritto al soddisfacimento dei bisogni di natura assistenziale e sociale.
Mediatore Culturale
La mediazione culturale, strumento chiave nel processo di integrazione
degli stranieri, ha l'obiettivo di facilitare le relazioni tra immigrati e società di accoglienza.
Il Ministero ha finanziato diversi interventi in materia di mediazione culturale utilizzando
la figura del mediatore culturale. Il mediatore culturale non è solo un mediatore
linguistico: oltre ad avere una buona conoscenza della lingua italiana e di un'altra lingua
veicolare tra quelle maggiormente diffuse nelle comunità straniere presenti in Italia, ha
una buona predisposizione alle relazioni umane, ha un'ottima conoscenza della legislazione
italiana, delle tecniche di comunicazione, animazione, conduzione dei gruppi e gestione
dei conflitti. Il mediatore affianca gli operatori italiani, pubblici e privati, nelle attività
di consulenza, informazione, formazione, orientamento e accompagnamento rivolte agli
immigrati (nella scuola, nell'ambito sanitario, nelle questure, nelle Direzioni provinciali del
lavoro e negli uffici pubblici in genere).
Metodo aperto di coordinamento
È la definizione con cui si indica, a livello europeo, l'insieme
degli strumenti utilizzati per promuovere (a partire dal Consiglio di Lisbona del
2000) processi di cooperazione e convergenza delle politiche degli Stati membri su una
serie di obiettivi condivisi. Il Metodo aperto di coordinamento - che si applica ai settori
dell'occupazione,
dell'inclusione sociale e della previdenza - consiste nella individuazione di
set di obiettivi comuni e di tempistiche predefinite (sia per la loro implementazione sia per
la misurazione degli stadi di avanzamento del processo attraverso l'utilizzo di indicatori
comuni), oltre che nello scambio delle buone pratiche. Nel settore delle politiche sociali
italiane, il Ministero ha recentemente proposto l'adozione di un processo di cooperazione
analogo nel rapporto tra Stato e Regioni. L'obiettivo è di migliorare il coordinamento dei
sistemi di programmazione sociale regionale, sviluppare un sistema di misurazione sia dell'offerta
dei servizi sia della spesa ad essi connessa e, infine, promuovere la diffusione delle
esperienze di successo come presupposto per la determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni e come cornice per un migliore utilizzo delle risorse del Fondo nazionale per le
politiche sociali.
Mobilità
Si parla di mobilità ordinaria quando interviene il licenziamento del lavoratore,
spesso in seguito a un periodo di Cassa integrazione straordinaria, nel caso in cui le imprese
che hanno beneficiato della CIGS non riescono, per motivi tecnici o produttivi, a reinserire
tutti i lavoratori sospesi; il personale eccedente viene licenziato e l'impresa avvia la
procedura di mobilità. I lavoratori inseriti nelle liste di mobilità acquisiscono il diritto ad
una indennità, nel caso in cui abbiano una anzianità aziendale di almeno 12 mesi e abbiano
un contratto continuativo a tempo indeterminato. Le aziende sono incentivate ad assumerli attraverso
agevolazioni contributive. La durata del trattamento è di 12 mesi prolungabili
a 24 o 36 nel caso di lavoratori che abbiamo raggiunti rispettivamente 40 o 50 anni
di età. Per questi lavoratori, nel Mezzogiorno e nelle aree svantaggiate la durata massima
viene elevata a 24, 36 e 48 mesi. Il lavoratore viene cancellato dalle liste di mobilità, qualora
rifiuti l'iscrizione a un corso di formazione professionale o un lavoro equivalente al
precedente con una retribuzione non inferiore del 10%, un impiego di pubblica utilità, o
qualora non comunichi all'Inps un impiego a tempo parziale o a tempo determinato. La
competenza in materia di mobilità è dell'Inps. Si parla invece di mobilità lunga quando il
trattamento è finalizzato al pensionamento di lavoratori in possesso di specifici requisiti.
Monitoraggio e valutazione delle politiche sociali
Le attività di monitoraggio e valutazione
costituiscono uno dei fronti di rafforzamento delle politiche del Ministero, in particolare
per quel che concerne il settore sociale. Il Ministero, infatti, ha competenza sia in materia
di definizione degli standard di soddisfacimento dei diritti sociali attraverso il sistema
dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) sia la funzione, in progressiva espansione, di
monitoraggio e valutazione delle politiche. Le competenze nella gestione diretta dei servizi
sociali sono affidate in via esclusiva alle Regioni per quel che riguarda la produzione di
norme e agli enti locali per la concreta gestione dei servizi.
Obbligo Formativo
L'obbligo formativo, come obbligo di frequenza di attività formative
fino a 18 anni, è stato introdotto dall'art. 68 della L. 144/99. Tale istituto è stato ridefinito
ed ampliato dalla L. 53/03 e successivi decreti attuativi, come diritto-dovere all'istruzione
e alla formazione.
Organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS)
La ONLUS è un soggetto introdotto
dal D.Lgs. n. 460/97 a fini esclusivamente fiscali. Possono rientrare nell'ambito delle Onlus,
quindi, varie figure già note ed esistenti dal punto di vista civilistico, come associazioni,
comitati, fondazioni o cooperative sociali, che operino negli ambiti descritti dalla norma
nel perseguimento di finalità di solidarietà sociale. Essenziale anche l'adeguamento dello
Statuto alle indicazioni del decreto legislativo.
Orientamento
L'orientamento è da intendersi come processo attivo, gestito dal soggetto
con le proprie risorse (personali e sociali) e con i propri vissuti (formativi e lavorativi) ed
influenzato dalle proprie appartenenze (ambientali e familiari), ma al tempo stesso come
un processo storicizzato, integrato cioè dentro un mercato del lavoro complesso e globalizzato,
e attento alle diverse culture (razza, genere, target sociale, ecc.) di cui sono espressione
i singoli attori. In una società caratterizzata da mutamenti rapidi e ripetuti nel corso
della vita di un individuo, l'orientamento diventa strumento trasversale e strategico per lo
sviluppo personale, l'equità sociale e la razionalizzazione delle risorse. In particolare i servizi
di orientamento professionale, riferito più specificamente ai processi di scelta e di
transizione dell'esperienza formativa e lavorativa, sono erogati da strutture quali gli Informagiovani,
i Centri per l'Impiego, i Centri di orientamento.
Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza
Presieduto dal Ministro del lavoro e
delle politiche sociali, l'Osservatorio è un organismo di coordinamento fra Amministrazioni
centrali, Regioni, Enti Locali, Associazioni, Ordini professionali, e Organizzazioni non governative
che si occupano di infanzia e adolescenza. Svolge funzioni di indirizzo e promozione
delle politiche rivolte ai soggetti in età evolutiva. È stato istituito con la legge n. 451/97, che
ha previsto anche la Commissione Parlamentare per l'infanzia. L'Osservatorio predispone
ogni due anni il "Piano nazionale di azioni e di interventi per la tutela e lo sviluppo dei soggetti
in età evolutiva", e la "Relazione sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza".
Ogni cinque anni predispone lo schema del Rapporto del Governo all'ONU sull'applicazione
della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 1989. L'Osservatorio, per le
proprie attività, si avvale del Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e
l'adolescenza.
Part time
Il part time o lavoro a tempo parziale si caratterizza per un orario, stabilito dal
contratto individuale di lavoro, inferiore all'orario di lavoro normale (full-time). Il rapporto
a tempo parziale può essere orizzontale, quando la riduzione d'orario è riferita al normale
orario giornaliero; verticale, quando la prestazione è svolta a tempo pieno ma per periodi
predeterminati nella settimana, nel mese e nell'anno; misto, quando il rapporto di lavoro a
tempo parziale è articolato combinando le modalità orizzontale e verticale. Il rapporto di
lavoro a tempo parziale si è rivelato un valido strumento per incrementare l'occupazione di
particolari categorie di lavoratori, come giovani, donne, anziani e lavoratori usciti dal mercato
del lavoro. Si configura come un rapporto di lavoro stabile, non precario, che permette
di soddisfare le esigenze di flessibilità delle imprese da una parte e di adattarsi a particolari
esigenze dei lavoratori quali la conciliazione tra lavoro e famiglia.
Piano nazionale di azioni e di interventi per la tutela e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2004
Il piano, predisposto dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza,
ha l'obiettivo di conferire priorità ai programmi riferiti ai minori e di rafforzare la
cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo, con particolare riferimento alla promozione
del benessere del ragazzo che cresce, ai servizi per gli adolescenti, al rapporto tra i
soggetti in età evolutiva e i media, al lavoro minorile, alla tutela e cura del soggetto in età
evolutiva in difficoltà e allo sviluppo delle politiche per l'infanzia a livello regionale e internazionale.
La famiglia viene valorizzata come comunità educante, come regolatore di sussidiarietà
e principale luogo delle reti relazionali. Vengono individuati gli strumenti per
dare concretezza agli obiettivi. Essi si distinguono in interventi di natura legislativa, azioni
di sistema e linee guida per gli interventi sul territorio, in ottemperanza al titolo V della
Costituzione. Il Piano è stato integrato con le osservazioni e gli indirizzi della Commissione
Parlamentare per l'infanzia.
Politiche di integrazione
Le politiche di integrazione sono finalizzate al positivo inserimento
nella società dei cittadini extracomunitari regolarmente soggiornanti in Italia. Esse consistono
in strategie e interventi destinati agli adulti, ai lavoratori, ai minori e ai giovani. In particolare,
con il termine integrazione si intende il processo biunivoco che coinvolge la società
d'accoglienza e i cittadini stranieri, nella consapevolezza reciproca di obblighi e diritti di ambo le parti.
L'obiettivo è di condurre alla piena partecipazione dell'immigrato alla vita
sociale, economica, culturale e civile della società d'accoglienza, così come all'accesso ai beni
e servizi, con pari dignità e a pari titolo rispetto agli altri cittadini. Le misure di integrazione
sociale sono realizzate in larga parte dalle Regioni e dagli Enti Locali e finanziate con le
risorse messe loro a disposizione annualmente dal Fondo nazionale per le politiche sociali. Si
tratta di misure di accoglienza per l'apprendimento della lingua italiana, per l'educazione
interculturale, per l'accesso all'alloggio e per eventi straordinari. Inoltre, una quota parte
del Fondo nazionale per le politiche sociali - notevolmente inferiore a quella devoluta alle
Regioni - è annualmente destinata ad interventi di carattere statale in materia di integrazione
ed utilizzata dal Ministero per finanziare iniziative sperimentali e progetti pilota, individuare
buone pratiche, promuovere l'alfabetizzazione e l'educazione interculturale. In
questo contesto si collocano alcuni tra i principali progetti in corso di realizzazione: gli
Accordi di programma; il Mediatore culturale; il progetto per l'Accesso al credito e ai servizi
bancari; lo studio dell'imprenditoria immigrata; l'analisi delle problematiche legate alle
politiche abitative per i migranti.
Prestazioni occasionali
Le prestazioni occasionali, a differenza di quelle di tipo accessorio,
sono prestazioni lavorative di natura autonoma, erogate a favore di un soggetto senza il
vincolo di subordinazione (2222 c.c.) e con il carattere dell'occasionalità. Al prestatore occasionale
non è richiesta né l'iscrizione ad albi né l'apertura di una partita IVA, poiché il suo
corrispettivo è assoggettato a ritenuta d'acconto pari al 20%. A partire dal 1 gennaio 2004,
è scattato per gli esercenti attività di lavoro occasionale l'obbligo di iscrizione nella gestione
separata dei collaboratori, se il reddito annuo derivante da tale attività è superiore ai
5.000 Euro.
Previdenza complementare
È la possibilità, per il lavoratore, di beneficiare di una seconda
pensione da aggiungere a quella obbligatoria, di base, a carico degli enti di previdenza. La
previdenza complementare, "secondo pilastro" del sistema previdenziale, viene concessa ai
lavoratori che hanno aderito a forme previdenziali complementari, ovvero hanno scelto di
versare una parte dei contributi in un apposito fondo, per costruirsi una rendita pensionistica
futura da affiancare alla pensione obbligatoria.
Programma Leonardo da Vinci
Leonardo da Vinci è il programma d'azione dell'Unione europea
che sostiene il miglioramento e lo sviluppo della formazione professionale in Europa. Il
programma è coordinato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, con l'assistenza tecnica dell'ISFOL. L'Unione europea
ha avviato la seconda fase del programma con la Decisione del Consiglio dei Ministri
26.04.99 (Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee n. L 146/33 dell'11 giugno 1999). Obiettivi
del Programma sono il rafforzamento delle capacità e delle competenze dei giovani che
seguono una prima formazione professionale attraverso la formazione in alternanza e l'apprendistato,
il miglioramento della qualità della formazione professionale permanente e dell'acquisizione
di capacità e competenze in tutto l'arco della vita; la promozione del contributo
della formazione professionale al processo di innovazione per migliorare la competitività
e lo spirito imprenditoriale. Alcune delle azioni che Leonardo da Vinci promuove riguardano
direttamente i giovani, ai quali viene offerta l'opportunità di compiere un'esperienza di formazione
e lavoro in un altro Stato dell'Unione. Gli stage Leonardo da Vinci sono gestiti da
vari organismi selezionati ogni anno dalla Commissione europea: scuole, centri di formazione
professionale, aziende, università, etc. Per partecipare ad un periodo di stage o di lavoro
all'estero occorre essere residenti in Italia. I cittadini italiani residenti in un altro Stato europeo
possono rivolgersi all'Agenzia di Coordinamento dello Stato in cui risiedono, purché lo
Stato aderisca al programma. Per informazioni occorre contattare l'Università o gli enti selezionati
dalla Commissione europea, il cui elenco è consultabile sul sito internet del Programma
www.programmaleonardo.net.
Il Programma prevede anche la realizzazione di misure
comunitarie transnazionali per realizzare gli obiettivi di mobilità per le persone in formazione
professionale e per le persone responsabili della formazione; progetti pilota per sviluppare
l'innovazione e la qualità; la promozione delle conoscenze linguistiche; la cooperazione
transnazionale per lo scambio di esperienze e buone pratiche; lo sviluppo e aggiornamento
degli strumenti di riferimento.
Regime transitorio per i cittadini neocomunitari
Durante il periodo transitorio previsto dal
Trattato, gli attuali Stati membri dell'Unione europea possono applicare per i cittadini neocomunitari
misure restrittive in materia di accesso al mercato del lavoro. Tale regime transitorio
può durare complessivamente sette anni e si articola in tre fasi consecutive e diversamente
regolate di due, tre e due anni. Nei primi due anni dall'adesione viene sospesa l'applicazione
del diritto comunitario in materia di libera circolazione dei lavoratori dipendenti
e vigono misure particolari. Prima della fine del biennio, alla luce di una valutazione sugli
effetti dell'applicazione delle misure particolari e sulle condizioni del mercato del lavoro,
potrà essere decisa e notificata alla Commissione, da parte di ciascuno Stato membro, l'intenzione
di prolungare l'applicazione delle misure nazionali per un ulteriore triennio. Trascorso
un periodo di cinque anni dall'adesione, l'applicazione delle misure particolari potrà
protrarsi per ulteriori due anni, fino alla fine del complessivo periodo transitorio di sette
anni, qualora si verifichino gravi perturbazioni del mercato del lavoro o vi sia un rischio in
tal senso.
Responsabilità sociale delle imprese (CSR)
Per CSR si intende "l'integrazione su base volontaria,
da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni
commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate" (Libro Verde della Commissione
Europea, luglio 2001). Essere socialmente responsabili significa andare oltre il semplice
rispetto della normativa vigente, investendo di più nel capitale umano, nell'ambiente e nei
rapporti con gli stakeholder. Ciò si traduce nell'adozione, a livello economico e culturale, di
una politica aziendale che sappia conciliare gli obiettivi economici con gli obiettivi sociali e
ambientali. Essere socialmente responsabili migliora il clima aziendale e aumenta la motivazione
dei collaboratori; aumenta le capacità dell'impresa di attrarre e mantenere personale
più qualificato; contribuisce a differenziare il marchio e dunque a rafforzarlo nei confronti
di mercati sempre più affollati; riduce i rischi di iniziative di boicottaggio, interne ed esterne;
accresce la reputazione complessiva dell'impresa; migliora la relazione con le istituzioni
finanziarie, nel senso di un più facile accesso alle fonti di finanziamento in virtù di una riduzione
generale del profilo di rischio. Il risultato è un aumento complessivo della competitività. Il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, particolarmente impegnato nella diffusione
della cultura della CSR, si è fatto promotore del Progetto CSR-SC, che consiste nello sviluppo
di linee guida e criteri condivisi per la valutazione, la rendicontazione e la verifica delle
pratiche di CSR. La sigla SC - Social Commitment - esprime l'intento del progetto di promuovere
la creazione di partnership tra il mondo profit e il terzo settore e tra il settore pubblico
e quello privato.
Riconoscimento dei titoli
Il D.Lgs. n. 319/94 attribuisce al Ministero del lavoro e delle politiche
Sociali - Direzione Generale per le politiche per l'orientamento e la formazione, la competenza
per il riconoscimento dei titoli in caso di attività professionali con finalità formative.
Il D.Lgs. n. 229/02, in attuazione della direttiva comunitaria 1999/42/CE, attribuisce al
Ministero la competenza esclusiva per il riconoscimento di due qualifiche professionali, relative
agli Istituti di bellezza (Estetisti) ed ai Servizi Domestici conseguiti nei Paesi dell'Unione
europea. Gli art. 49 e 39 del D.P.R. 394/99 dispongono che i cittadini stranieri regolarmente
soggiornanti in Italia o residenti all'estero, se in possesso di un titolo abilitante all'esercizio
di una professione, nell'ambito delle quote definite annualmente, possono richiedere il riconoscimento
delle qualifiche professionali conseguite in un Paese extracomunitario. I cittadini
in possesso di un titolo professionale conseguito in ambito comunitario o extracomunitario
che vogliono esercitare la professione di Estetista in Italia, possono presentare richiesta
di riconoscimento del titolo stesso presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali -
Direzione Generale per le politiche per l'orientamento e la formazione - Div. I.
Riforma previdenziale
La legge di riforma del sistema previdenziale (L. 243/2004) prevede
due fasi di intervento. Fino al 2008 il sistema, per quanto riguarda i requisiti di accesso al
pensionamento, non muterà. Nulla cambierà, inoltre, per le pensioni in vigore e per le pensioni
di anzianità. Sono previsti incentivi (superbonus) per i lavoratori dipendenti del settore
privato che matureranno, entro il 31.12.2007, i requisiti anagrafici e contributivi per la
pensione di anzianità e che decideranno di rimanere al lavoro. I lavoratori che abbiano
maturato, entro il 31.12.2007, i requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico, potranno
andare in pensione in qualunque momento anche se dovessero intervenire modifiche legislative
(certezza dei diritti).
A partire dal 2008, invece:
- i requisiti per l'accesso alla pensione di anzianità saranno 35 anni di contributi e 60 anni
di età (61 per gli autonomi), con incremento di 1 anno nel 2010 e poi ancora di uno nel
2014, salvo verifica degli effetti finanziari; 40 anni di anzianità contributiva a prescindere
dal requisito anagrafico;
- si potrà accedere alla pensione con 65 anni per gli uomini e 60 per le donne ed un quinquennio
di contributi; 40 anni di contributi a prescindere dall'età; 35 anni di contributi e 60
anni di età (61 per gli autonomi) con gli incrementi anagrafici di cui al precedente punto;
- sarà tuttavia consentito, in via sperimentale fino al 2015, alle lavoratrici che opteranno
per la liquidazione della pensione con il sistema contributivo, di conseguire la pensione di
anzianità ancora con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 anni per le lavoratrici autonome).
Nota
Il grosso del materiale è stato selezionato dalla
Direzione Provinciale del Lavoro di Modena che lo
pubblica in formato
Word™.